Analisi "Una buona classe non è un reggimento, ma un'orchestra che suona la stessa sinfonia

Analisi della frase di Daniel Pennac tratta dal libro "Diario di Scuola"

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  1. BOH
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    ANALISI DELLA FRASE DI DANIEL PENNAC, DIARIO DI SCUOLA :
    "Una buona classe non è un reggimento, ma un'orchestra che suona la stessa sinfonia"



    Questa analisi si compone di 2 parti. La prima parte è basata su una domanda legata alla frase alla quale viene data una risposta che la analizza. La seconda parte invece è un'analisi un pò più psicologica della frase, fatta da una dottoressa in psicologia.




    Volevo chiedere qualcosa a proposito dei suoi professori, quelli che ha incontrato e che l’hanno salvata con degli stratagemmi davvero particolari, come il professore di italiano che dice "basta col presentarmi i soliti compiti, comincia a scrivere un romanzo".
    Questa ricetta è andata bene per lei, ma per altri studenti può non funzionare, perché ogni caso è unico alla fine...


    Domanda difficile… perché quel professore ha fatto così con me, ma con altri si è comportato in modo diverso. Quello per me era un professore che aveva capito bene che una classe non è un reggimento che un professore deve far marciare tutto quanto al passo. D’altra parte c’è stata una giovane collega che mi ha detto: “la classe non è un reggimento, gli allievi non sono tutti uguali, la classe è un’orchestra fatta di tanti strumenti, tanti quanti individui sono seduti in quella classe e con tutti questi strumenti, dunque con tutti questi individui, un professore ha il dovere di creare un’armonia, con tutti”. Quel professore l’ha saputo fare. Non ha avuto una visione prospettica e meno ancora profetica; lui ha visto benissimo chi aveva davanti: aveva davanti un piccolo bugiardo, uno che inventava spiegazioni fantasione per i compiti non fatti, per le lezioni non studiate e pur di giustificarsi andava a raccontare che era esplosa la caldaia mentre stava facendo i compiti. Quindi per prima cosa ha pensato “Mh, con questo non c’è niente da fare”, seconda cosa ha avuto l’intuizione di farmi immaginare un racconto lungo, addirituttra un romanzo. Capiva che cos’è l’invenzione letteraria, capiva che io la mia capacità o la mia potenzialità di invenzione letteraria l’avevo investita sino a quel momento soltanto nella menzogna, ma mi ha proposto di investirla nella creazione; un’intuizione pedagogica, direi, non un pistolotto morale “guarda che le bugie non si dicono”, non delle minacce “guarda che se seguiti così non arriverai da nessuna parte”. Ha semplicemente trasformato questa mia pecca, questo mio difetto, questa mia autodifesa, questo mio bisogno di compensazione in un lavoro positivo dell’immaginazione.


    La seconda parte della domanda di Stefano riguardava che cosa fare con gli allievi con cui non si riesce a sfondare. Ma non ringrazio Stefano Salis della seconda parte della domanda perché ci parla di una tragedia e queste tragedie ti lasciano delle tracce dentro come insegnante. Io ho insegnato per un quarto di secolo, venticinque anni, e avrò avuto dai 2500 ai 3000 alunni, praticamente solo alunni con difficoltà di apprendimento. Tra loro ogni tanto c’era il ragazzo, la ragazza che per qualche ragione che mi era del tutto ignota, che non riuscivo a scandagliare, non riuscivo a coinvolgerli, a tirarli dentro nel gioco della scuola. Un insegnate con dell’esperienza, questi allievi li riconosce al volo: quello, quella, devo riuscire a tirarlo fuori; da che? Dal rifiuto della scuola, dell’apprendimento, che in fondo è una non accettazione di se stesso. E cerchi con tutti i mezzi di tirarlo fuori, ma con quel singolo, quella singola non riesci. Non sono numerosi, però ce ne sono e ti lasciano dentro un segno, io ci penso ancora. Che soluzione avrei potuto adottare per lui o per lei? Nella vita ho avuto paura, quella vera, quella brutta, due o tre volte e ci sono stati due o tre dei miei allievi per i quali ho pensato "questo lo trovo sul giornale, nella cronaca nera, va a finire che si fa ammazzare o ammazza qualcuno". E questa paura è una paura che direi prospettica, ma è molto reale: sulla spiaggia vedi uno che annega, ti tuffi con tutte le migliori intenzioni e non ce la fai, non riesci ad acchiapparlo, non riesci a tirarlo fuori, non lo ripeschi, ti lascia il rimorso dentro per tutta la vita.




    Analisi della Dottoressa Cipollina, anche questa in 2 parti

    …..vi fosse una correlazione tra una classe e un'orchestra.

    “Ogni studente suona il suo strumento, non c'è niente da fare. La cosa difficile è conoscere bene i nostri musicisti e trovare l'armonia. Una buona classe non è un reggimento che marcia al passo, è un'orchestra che suona la stessa sinfonia. E se hai ereditato il piccolo triangolo che sa fare solo tin tin, o lo scacciapensieri che fa soltanto bloing bloing, la cosa importante è che lo facciano al momento giusto, il meglio possibile, che diventino un ottimo triangolo, un impeccabile scacciapensieri, e che siano fieri della qualità che il loro contributo conferisce all'insieme. Siccome il piacere dell'armonia li fa progredire tutti, alla fine anche il piccolo triangolo conoscerà la musica, forse non in maniera brillante come il primo violino, ma conoscerà la stessa musica.

    Il problema è che vogliono farci credere che nel mondo contino solo i primi violini. E alcuni colleghi si credono dei Karajan che non sopportano di dover dirigere la banda del paese. Sognano tutti la Filarmonica di Berlino, è comprensibile….”

    Ai prof. Mancano dei corsi di ignoranza!.........la vostra primaria qualità dovrebbe essere la capacità di immaginare la condizione di colui che ignora tutto ciò che voi sapete. Sogno un esame di abilitazione in cui si chieda al candidato di ricordare un insuccesso scolastico e di cercare di capire che cosa gli sia successo quell'anno. Accuserebbe il professore, è un trucco che conosco…….Si dovrebbe chiedere al candidato di scavare più in profondità, di cercare davvero di capire perché quell'anno si è arenato. Di cercare dentro di se, intorno a se, nella sua testa, nel suo cuore,nel suo corpo, nei suoi neuroni, nei suoi ormoni, di cercare ovunque. E di ricordarsi anche come se l'è cavata! I mezzi che ha usato!le famose risorse!

    …bisognerebbe chiedere agli aspiranti professori i motivi per i quali si sono dedicati a questa materia piuttosto che a un'altra…….. insomma è necessario che coloro che pretendono di insegnare abbiano una visione chiara del loro percorso scolastico. Che riprovino un poco la loro condizione di ignoranza se vogliono avere una minima possibilità di tirarcene fuori.

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    La qualità dell'esistenza di ogni bambino è influenzata dal modo in cui egli apprende, fin dai primi anni, ad affrontare le proprie emozioni: se in lui prevalgono reazioni emotive distruttive, queste finiranno per caratterizzare la sua vita scolastica determinando relazioni insoddisfacenti con i compagni e con gli insegnanti.

    Risulta abbastanza evidente il fatto che determinate emozioni hanno un'influenza rilevante sull'apprendimento e sulla motivazione scolastica. Quanto più mettiamo il bambino in grado di vivere emozioni positive in ambito scolastico, tanto più lo aiuteremo ad imparare. Molti bambini all'inizio della scuola Primaria si accostano all'apprendimento con un notevole entusiasmo che però va smorzandosi col passare del tempo. Eppure gli insegnanti potrebbero fare molto per facilitare l'esperienza di emozioni positive nel contesto scolastico. Se lo studio viene associato a stati d'animo piacevoli, sarà stimolata la capacità di partecipazione attiva dell'alunno al processo di apprendimento.E' importante tenere presente che un'eccessiva tensione emotiva interferisce negativamente sull'efficacia di molte prestazioni. Ciò significa che se il bambino è troppo teso e coinvolto, il suo rendimento diminuirà in qualsiasi attività, non solo in quelle strettamente scolastiche, ma anche in attività sportive, artistiche o di altro tipo. Quindi, se è bene che vi sia un certo coinvolgimento, è altrettanto utile evitare un eccessivo stress.Le emozioni, inoltre, interferiscono con le attività mentali. Certi meccanismi cognitivi quali la capacità di concentrazione, la capacità mnestica e l'attenzione, sono influenzate negativamente da un'eccessiva tensione emotiva. Diventa quindi difficile focalizzare bene la propria mente su ciò che si deve apprendere quando si è troppo agitati o turbati.Le emozioni influenzano anche i rapporti interpersonali. Bambini che ad esempio manifestano un livello eccessivo di aggressività riceveranno spesso risposte altrettanto aggressive, oppure tenderanno a essere evitati, rifiutati, allontanati. Se invece è presente un'eccessiva timidezza nei rapporti interpersonali, il bambino avrà difficoltà ad inserirsi nel gruppo e potrebbe trovarsi socialmente isolato.E' inoltre da considerare il fatto che le emozioni dominanti finiscono per determinare il clima psicologico della classe. Se qualche insegnante ha avuto l'infelice esperienza di trovarsi in una stessa classe quattro o cinque bambini con un elevato livello di iperattività, con un'accentuata aggressività e con la tendenza a disturbare i compagni, probabilmente sarà arrivato alla fine dell'anno scolastico alquanto esausto. Questo per il fatto che determinate emozioni negative, se si manifestano con elevata frequenza ed intensità, possono creare un clima di classe piuttosto negativo che logora gli insegnanti e rende difficile il processo di apprendimento. Rimane infine da tener presente che le emozioni più frequenti diventano modalità di risposta abituali. Quindi se abbiamo bambini che spesso provano ansia di fronte a interrogazioni o compiti in classe, è molto probabile che tale ansia, in assenza di un intervento specifico, si consolidi anche negli anni successivi. Lo stesso vale anche per altre emozioni quali, ad esempio, l'ostilità o la tristezza che se non vengono affrontate adeguatamente finiranno per diventare parte stabile del repertorio emozionale del bambino. Importante è il ruolo dell'insegnante che è in grado di avere l'autorevolezza per trasmettere all'alunno un adeguato repertorio comportamentale utile alla crescita personale. Categorie dei disturbi emotivi
    Quando consideriamo i disturbi emotivi e comportamentali dell'età evolutiva può essere utile differenziarli in due ampie categorie.
    Una prima categoria riguarda i disturbi emotivi esteriorizzati. Come il termine può far supporre si tratta di disturbi nei quali il disagio del bambino si manifesta soprattutto verso l'esterno. Essi si caratterizzano come tendenza ad esigere che i propri bisogni personali vengano immediatamente soddisfatti e che abbiano la precedenza sui bisogni degli altri.
    E' inoltre frequente il ricorso all'aggressività per conseguire i propri scopi, oppositività, tendenza alla trasgressione di norme sociali e a volte anche legali. Tipico disturbo esteriorizzato è il disturbo della condotta. L'altra categoria è costituita dai disturbi interiorizzati, caratterizzati da una sofferenza che viene vissuta interiormente e che spesso passa inosservata ad un'osservazione superficiale. Tipici disturbi interiorizzati sono l'ansia e la depressione.E' interessante notare che per quanto concerne le segnalazioni che gli insegnanti,con il consenso dei genitori, rivolgono ai servizi specialistici per alunni in difficoltà, esse riguardano maggiormente disturbi di tipo esteriorizzato. E` molto raro che un insegnante segnali ad uno psicologo o ad un neuropsichiatra infantile bambini che hanno problemi di ansia o problemi depressivi, in quanto si tratta di soggetti che di solito non disturbano e non creano problemi nella classe. Si tratta di alunni che tendono a isolarsi, a chiudersi in se stessi, e che rimangono passivi e sottomessi nei confronti degli altri. In effetti un deficit nelle abilità relazionali è una costante di molti disturbi emotivi. Se il bambino è ansioso, ma ancor più se è depresso, manifesterà una certa inadeguatezza nel modo in cui si rapporta con i propri coetanei.Si è potuto constatare che la maggior parte dei disturbi emotivi sono influenzati da alcune modalità distorte con cui il bambino o l'adolescente rappresenta mentalmente se stesso e il proprio mondo. Si tratta della tendenza ad ingigantire gli aspetti negativi della realtà, ricorrendo a modalità di pensiero rigide e assolutistiche, ad esempio con un'eccessiva frequenza di termini quali sempre, mai, nessuno; oppure considerazioni del tipo "non me ne va mai bene una", "tutti ce l'hanno con me", "nessuno mi vuole bene", "non ne faccio mai una buona". La tendenza a categorizzare in modo estremo influisce negativamente sull'umore e quando si consolida, diventando il modo abituale di considerare se stessi e il proprio mondo, può condurre a disturbi emozionali quali ansia e depressione.
    I più recenti contributi nell'ambito della psicologia hanno evidenziato che i meccanismi psichici che governano le reazioni emotive sono da identificare come meccanismi cognitivi, cioè modalità di pensiero, rappresentazioni mentali.
    Ed è proprio aiutando il bambino a correggere gli errori presenti nel suo modo di rappresentarsi la realtà che possiamo metterlo in grado di superare emozioni spiacevoli.
    In pratica, per toccare il cuore del bambino dobbiamo passare per la sua mente, aiutandolo a cambiare gli elementi disfunzionali del suo dialogo interno.
    Dentro la nostra mente parliamo in continuazione a noi stessi, sia che ne siamo consapevoli, sia che non ne siamo consapevoli. Quando non ne siamo consapevoli non è che questi meccanismi siano inconsci, ma semplicemente non siamo abituati ad ascoltare la nostra mente.
    Si è visto che se un bambino viene allenato fin da piccolo con apposite procedure, può essere in grado di ascoltare se stesso e di essere cosciente di quali sono i contenuti mentali che influenzano il suo stato emotivo. Per questo, la maggior parte dei programmi di prevenzione messi a punto in questi ultimi dieci anni, prendono in considerazione il rapporto esistente tra pensiero ed emozione. E' possibile favorire il benessere emotivo del bambino insegnandoli, quanto prima possibile, a pensare in modo corretto.
     
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