Tanto gentile e tanto onesta pare <-> Analisi, parafrasi e commento

Di Dante Alighieri

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    Tanto gentile e tanto onesta pare
    di Dante Alighieri

    Tanto gentile e tanto onesta pare
    la donna mia quand’ella altrui saluta,
    ch’ogne lingua deven tremando muta,
    e li occhi no l’ardiscon di guardare.

    Ella si va, sentendosi laudare,
    benignamente d’umiltà vestuta;
    e par che sia una cosa venuta
    da cielo in terra a miracol mostrare.

    Mostrasi sì piacente a chi la mira,
    che dà per li occhi una dolcezza al core,
    che ‘ntender non la può chi no la prova;

    e par che de la sua labbia si mova
    uno spirito soave pien d’amore,
    che va dicendo a l’anima: Sospira.


    Il sonetto è tratto dalla "Vita nova" del celeberrimo poeta Dante Alighieri, composta tra il 1292 e il 1293. Il genere trattato è quello della poesia liricae si tratta di 14 endecasillabi in due quartine e due terzine. Le rime corrispondono a ABBA-ABBA-CDE-EDC, ovvero sono invertite nelle quartine ed incrociate nelle terzine. Inoltre è presente una rima paronomastica, ovvero "venuta" e "vestuta".

    Per quanto riguarda la parafrasi, quella corretta è:

    La mia donna è tanto nobile ed onesta
    quando saluta le altre persone,
    che tutti smettono di parlare,
    e gli occhi non osano mirarla.

    Lei va avanti, sentendosi lodare,
    con l'apparenza di umile bontà,
    e pare che sia una creatura discesa
    dal cielo sulla terra per mostrare la potenza Divina.

    Si mostra così bella a chi la guarda,
    che dagli occhi trasmette la dolcezza fino al cuore,
    che chi non la prova non è in grado di capirla;

    e sembra provenire dal suo volto
    uno spirito soave e pieno di amore,
    che dice all'anima: sospira.


    Il sonetto, in stile stilnovista, è uno dei più importanti del poeta, appartenente alla raccolta delle rime in lode di Beatrice. Inoltre, nelle due terzine è chiara la funzione salvifica della donna, punto saliente del dolce stil novo.
    Stilnovismo o dolce stil novo: la nobiltà è identificata con la virtù e l'amore con la gentilezza. Dunque l'amore diviene, grazie alla donna (identificata con un angelo, come una creatura pura) il mezzo per giungere alla perfezione morale ed elevarsi a Dio.

    Figure retoriche: Sono presenti varie figure retoriche, qui sotto elencate.

    La metafora del verso 6: "d'umiltà vestuta"
    I vari enjambements: 1-2; 7-8; 12-13
    Endiadi dei versi 1-2: "Tanto gentile e tanto onesta pare"
    La sineddoche del verso 12: "labbia" sta a significare "volto"
    Il poliptoto dei versi 8-9: "mostrare e mostrasi"
    La paronomasia dei versi 6-7: "vestuta e venuta"
    Le iperboli dei versi 3-4-: "ch’ogne lingua deven tremando muta, e li occhi no l’ardiscon di guardare"
    La perifrasi dei versi 7-8: "cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare"
    Le allitterazioni dei versi 1-2; 8-9 : "Tanto gentile e tanto onesta pare/la donna mia quand’ella altrui saluta" e "da cielo in terra a miracol mostrare" e "mostrasi sì piacente a chi la mira"
    E infine la similitudine dei versi 7-8: "e par che sia una cosa venuta da cielo in terra a miracol mostrare"

    PER CONCLUDERE:

    CITAZIONE
    Il sonetto fu composto prima del presagio che Dante ebbe sulla morte di Beatrice.

    Posto nel cuore della Vita Nuova, costituisce il culmine dello stile della loda, assieme al sonetto Vede perfettamente onne salute: in questi due componimenti si attua una cristallizzazione della figura di Beatrice e il suo definitivo trionfo.

    Il tema chiave di questo sonetto è quello della miracolosa apparizione dell'amata: di qui l'insistenza sul verbo parere nell'accezione di "apparire", "mostrarsi con evidenza", mettendo al centro l'immagine spirituale di Beatrice.

    La dimensione contemplativa è costruita dal poeta attraverso le pause e gli accenti ritmici ben calibrati, che scandiscono il tempo di questa scena rarefatta. Proprio del sonetto è l'uso di un lessico specifico dello stilnovo, di cui gentile e onesta sono solo gli esempi più chiari.

    Non vi è alcuna fisicità nel sonetto, nessuna descrizione di Beatrice, vista e percepita da Dante sotto una luce puramente angelica: si allude a labbia, "fisionomia" non definita ma di cui si colgono solo gli effetti. Beatrice rappresenta quasi una emanazione di Dio, attraverso uno spirito soave che induce chiunque a sospirare al passaggio della gentilissima Beatrice.

    Quote tratta da WIKIPEDIA
     
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